STORIA DEL DIABETE - La glicemia

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Già nel Settecento si era notato (Dobson) che, all'assaggio, il sangue dei diabetici era più dolce del normale. E John Rollo aveva osservato che il sangue diabetico si corrompeva più lentamente del sangue non diabetico, verosimilmente per la presenza di zucchero.

Nel 1835,  Felice Ambrosioni (1790-1843), speziale capo dell'Ospedale Pavese, più stimato in città per un suo apprezzato "Manuale del Droghiere", invia una lettera al chiarissimo ed egregio sig. Professore Giuseppe Corneliani: "Dello zucchero nelle urine e nel sangue dei diabetici" (Fig. 1). Vi si conferma la presenza del glucosio nel sangue dei diabetici, contrariamente all'opinione di chimici e medici illustri, come William Hyde Wollaston (1766-1828) o come Jöns Jacob Berzelins (1779-1848); e se ne tenta anche una quantificazione. Così descrive Ambrosioni il procedimento.:  

Si stemprò il crassamento sanguigno e lo siero in una certa quantità di acqua, quindi si espose al fuoco. Dopo leggera bollitura si rappresero tutte le parti coagulabili, che si separarono colla filtrazione.

Al coagularsi dell'albumina, il liquore si divise in due parti, una fluida trasparente, incolore; l'altra fioccosa, bruna, insolubile. Separata la parte rimasta liquida e scolorata e blandamente evaporata poco a poco, offrì una bollitura schiumosa propria dei sciroppi, producendo infine un vero sciroppo, con tutti i caratteri di quello dell'urina dello stesso individuo.

"Lasciato in riposo per alcune settimane lo sciroppo, formaronsi dei piccoli cristalli incolori, di forma prismatica, a base romboidale, con modificazione agli angoli, ed agli spigoli; cristalli, che si mostravano tuttora sotto tutti i rapporti un vero zuccaro candito. Lo sciroppo non cristallizzato, esposto alla temperatura a 26 gr. con un po' di lievito di birra, sviluppò un vero processo di fermentazione vinosa ... La quantità dello sciroppo ottenuto da questa libbra di sangue, poteva ascendere ad un'oncia circa; i cristalli pesavano nove grani".  

Fig.1 - La memoria di Felice Ambrosioni sulla glicemia: sono trovati nel sangue i cristalli di glucosio studiati nell'urina da Chevreul.
Moritz Traube (1826-1854), devoto fratello minore del più famoso clinico Ludwig Traube (1818-1854), di Berlino, dimostra che lo zucchero dell’urina deriva dalla introduzione alimentare dei carboidrati, ad opera di “enzimi” (suo è il termine) oltre che dal fegato. 

Nel 1840, Corneliani farà proprie queste nozioni in un suo "Opuscolo sul diabete".

ll sommo Claude Bernard (1813-1878) (Fig. 2), metodologo della medicina sperimentale, escogita naturalmente, nel 1855, un metodo chimico per il dosaggio del glucosio nel sangue venoso (su 200-300 cc!), stabilendo nettamente i valori di iperglicemia e di normoglicemia. Il glucosio è dunque un costituente normale del sangue(già ve lo aveva trovato Francois Magendie: 1783-1855, maestro di Bernard) e proviene dal glucosio depositato come glicogeno nel fegato (teoria del fegato lavato), secondo la teoria della sécrétion interne. Ma anche lo studente di Würzburg, Victor Hensen (1835-1924) aveva isolato il glicogeno, quasi (prima?) contemporaneamente a Bernard, con sequele di sue ire funeste.

Impiegando lo stesso procedimento di Bernard, Rudolf von Jaksch (1855-1947), nel 1885, analizza il liquido risultante dalla dealbuminizzazione di 100-200 cc di sangue con il reattivo di Fehling per la glicosuria o con il polarimetro. La determinazione della glicemia richiede, nel 1908, circa due ore.  

Fig.2 - Claude Bernard, in un ritratto giovanile (Telesforo).

Bisognerà attendere il 1913 per poter disporre di un primo micrometodo  (Fig.3a per la misura della glicemia (su 0,2 cc di sangue, anche capillare) con Ivar Christian Bang (1868-1918) [Fig. 3b], a Lund. Seguiranno tanti altri metodi, titrimetrici e colorimetrici, di questo tipo; ma saranno sempre procedimenti abbastanza complessi e di durata non inferiore ai 30 minuti, con le attrezzature di un medio laboratorio di analisi, ivi compresa magari la bilancia a torsione.  
Fig.3a - micrometodo Fig.3b - Ivar Christian Bang
Insuperato fino ai nostri anni Cinquanta, il micrometodo ideato - con H.C. Hagedorn - da Birger Norman Jensen (1889-1946) al ferricianuro di potassio, su 0. 1 ml di sangue capillare, la cui indaginosità si può arguire da appunti personali del 1946 (Fig. 4). Pure largamente in uso fino al 1950 il metodo di Crecelius - Seiffert con colorimetro Zeiss lkon, all'acido picronitrico.
Fig.4 - Ricordi di lunghi pomeriggi trascorsi nell'angusto laboratorio dell'Ospedale Maria Vittoria, alle prese col metodo di Hagedorn-jensen. 
Anche il capitolo della glicemia, come molti altri, ha una sua evoluzione. Che il glucosio circolante si legasse alle proteine per una reazione di glicazione non enzimatica, cioè non controllata dagli enzimi e pertanto non limitata se non dalla concentrazione del glucosio, dalla durata di vita delle proteine e dalla loro capacità di legarsi ai glucidi, era stato osservato da Camille Louis Maillard a Parigi.

Dal 1958 al 1980, la identificazione delle emoglobine minori (HbA 1a, HbA 1b, HbA 1e) e la dimostrazione che la HbA 1c presenta nel diabetico percentuali 2-3 volte maggiori che nel non diabetico (Samuel Rehbar di Teheran, 1968)), hanno condotto alla determinazione di tale frazione quale stima complessiva dell'andamento della glicemia, variabile di momento in momento, negli ultimi 2 mesi. Tale è appunto la durata di vita degli eritrociti contenenti l'emoglobina. L'emoglobina glicosilata o glicoemoglobina è  oggi considerata una media "pesata" della glicemia retrospettiva.