STORIA DEL DIABETE - L'autocontrollo

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Una prima sporadica autosorveglianza del diabete fu resa possibile dal dosamento della glicosuria con i reattivi di Fehling, di Benedict, di Nylander. Come si è visto nel capitolo 7, sono reazioni che richiedono una piccola attrezzatura di laboratorio: provette, pipette, boccette, la fiamma di un becco Bunsen o di un fornelletto a spirito per la bollitura dell'urina. Aggiungendo il reattivo all'urina, esso produce colori vari a seconda della presenza e della quantità di glucosio; viraggio dal blu al verde, al giallo, al rosso- arancio e rosso-mattone col Fehling o col Benedict; viraggio al bruno o al nero col Nylander.
 
Derivano da questi metodi modificazioni pratiche ad uso domiciliare dei diabetici: dal Glicometro del dott. James Burman al Glicosimetro Zanoni, al Diabetoscopio Siron, al Diabetimetro Bottini  (Fig.1).

 

Fig.1 - Due esempi di attrezzatura per l'autocontrollo domiciliare dellaa glicosuria (anni Quaranta)
 

Il Clinitest Ames (Fig.2) è giunto dignitosamente ai giorni nostri, ultraquarantenne. Nel Clinitest, tutti i reagenti del Benedict sono contenuti in una compressa che, posta nella provetta con l'urina diluita, genera sciogliendosi il calore necessario alla reazione di riduzione. Il colore che si sviluppa' dal blu, al verde, all'arancione, corrispondente alla intensità della glicosuria, è letto per confronto su apposita scala (Fig.3). Di pari passo procede la ricerca dell'acetone nell'urina con i reattivi di Legal e di Gerhardt (colore viola). Codici colorati sono adottati dai diabetici nei loro diari, specialmente in campo pediatrico. 

 

Fig.2 - Il Dottor Ames Compton, la cui industria ha decisamente contribuito all'autocontrollo del diabete. Fig.3 - Il Clinitest Ames: un significativo progresso nell'autocontrollo della glicosuria (1947).
 

Nel 1956, mentre qualcuno dosa ancora la glicosuria delle 24 ore con il saccarometro (l'apparecchio di vetro che raccoglie e misura il gas anidride carbonica prodotto dalla fermentazione dello zucchero contenuto nell'urina per aggiunta di lievito), scoppia la rivoluzione delle striscia, o sticks, o strips.  

Vero è che cartine reattive per la glicosuria erano note fin dal 1850 e, negli anni Trenta, circolavano Glycurette e Sanguicit  (Lilly). Negli anni Cinquanta, poi, erano abbastanza usati Glucotest e Chetotest  (per la chetonuria) SPA, reattivi in polvere, sul tipo di tavolette ideate da William Pavy nel 1880.

Ma una innovazione semiquantitativa è apportata dai chimici A.S. Keston e J.P. Comer al congresso della American Chemical Association, Dallas, Texas, 1958, partendo dal principio scoperto dal danese Ditlev Muller nel 1928. Per mezzo di un enzima (la glucosio-ossidasi) e in presenza dell'ossigeno dell'aria, il glucosio contenuto nell'urina è ossidato a perossido di idrogeno. Questo, in presenza di altro enzima (una perossidasi), ossida un indicatore cromogeno che cambia il colore della striscia, entro 15 secondi dalla immersione nell'urina (Diastix e Labstix Ames, Test Tape Lilly). Le prime due strisce leggono anche la chetonuria su altra scala colorata.

Dal 1964 al 1967 si afferma timidamente, con gli stessi presupposti degli sticks per l'urina, un tipo di striscia per la determinazione estemporanea della glicemia (glucosio vero) su sangue capillare, ottenuto per puntura del dito con lancetta (o, ahimé, con ago da iniezione). E' il Dextrostix della Ames (discendente da un Dextrotest sperimentato nel 1957) che, sotto una spessa goccia di sangue per un minuto di reazione e poi lavato sotto acqua per l'eliminazione degli altri costituenti del sangue, sviluppa colori dal giallo chiaro al grigio, al blu più o meno scuro, a seconda della quantità di glucosio filtrato nel pannello reattivo e venuto a contatto con l'enzima della striscia. Confrontati con una scala colorata, indicano glicemie comprese tra 0 e oltre 250 mg per decilitro. 

 

Al controllo ad occhio sulla scala colorata, soggettivamente impreciso specie per le tonalità dal grigio al blu, si sostituisce, dal 1967, una autolettura obbiettiva su un apparecchio portatile a batteria ricaricabile che misura la luce riflessa dalla striscia colorata (fotometria riflettiva) e la converte in valore di glucosio nel sangue. E' il reflettometro.

Capostipite dei reflettometri è il Glucose Reflectance Meter della Ames-Miles Laboratories, con tre scale differenziate di glicemia: da 0 a 70, da 70 a 180, da 180 a 1000 mg per decilitro (Fig.4). Un primo modello (5541) è, con successive modificazioni, in uso sperimentale dal 1965 nel reparto diabetologico all'Ospedale Maria Vittoria di Torino. Nel 1970, i primi lavori inglesi e americani confermano le nostre osservazioni: la correlazione dei valori di glicemia letti al reflettometro con quelli determinati in laboratorio (metodo della glucosio-ossidasi) è buona. 

Fig.4 - Il Glucose reflectance Meter Ames, primo reflettometro (1967), peso: Kg.1,4. Costo di allora: £.500.000.
Fig.5 - Il Glucocheck Medistron, reflettometro portatile a Dextrostix, ha contribuito notevolmente all'estendersi dell'autocontrollo domiciliare della glicemia.

Inizia allora in quel reparto l'autocontrollo della glicemia da parte del diabetologo con il Reflectance Meter (modelli 5542 e 5543) nell'intenzione di conoscere sul momento la glicemia e di decidere in conseguenza, senza dover attendere il risultato del laboratorio, tanto più se in forma di sempre tardivo profilo giornaliero.

L'autocontrollo glicemico del diabetologo (medico e paramedico) apre la via all'autocontrollo glicemico da parte del diabetico, se con un continuo supporto psicopedagogico ai fini decisionali, per una ragionevole autogestione del diabete.

Nel 1977, appaiono e si perfezionano rapidamente altri reflettometri portatili a batteria, più maneggevoli, meno cari e pesanti del Reflectance Meter e sempre con la striscia Dextrostix: Glucocheck Medistron (Fig.5) e Hypocount Hypoguard. 

Nel 1979, presso il Centro Karen Bruni di Torino, Luigi Anselmo progetta e produce alla Italamec di Campiglione Fenile, un reflettometro semplificato a corrente, il Rapidgluco  (Fig.6), che usa la striscia Dextrostix con autotaratura. Il costo assolutamente basso e la disarmante semplicità d'uso facilitano la diffusione del Rapidgluco (e del pungidito originale Pungigluco) tra diverse centinaia di diabetici, sia insulino-dipendenti che non, intensivamente istruiti (S. Gamba).

Nel 1986, il provinciale Rapidgluco è travolto dal nuovo reflettometro One Touch Lifescan, con striscia a pozzetto, da non detergere.

 

Fig.6 - Il Rapidgluco, con il relativo pungidito, nella versione 1980. Con questo apparecchio si è potuto realizzare un primo esperimento locale di educazione all'autocontrollo.
Negli anni Novanta vengono infine i lettori di glicemia a elettrodo chimico (Glucometer Elite Bayer, Companion 2  Medisense). In questi è convertita in valori di glicemia la microcorrente elettrica prodotta durante la combinazione del sangue con il reattivo della striscia, che non va lavata né asciugata. L'assenza di finestra ottica diminuisce ancora le possibilità di errore e di preoccupazione.